Il genitore-allenatore

Le cose viste da fuori sono grottesche come quando accadono a noi!
Domenica, all’uscita dal palazzetto, dopo l’ennesima faticosa (come sempre) competizione di Judo dedicata a bimbi e bimbe assisto ad una scenetta con il seguente dialogo:
“Oh…eccoti maestro…Chicca (nome di fantasia) non voleva andare via senza salutarti (e ci mancherebbe!)!”
Poi, dopo qualche convenevole il simpaticone aggiunge:
“Comunque maestro, noi cambiamo palestra, perché Chicca fa sempre solo la stessa mossa con la gambetta (e imita in maniera grottesca un ashi-qualcosa)”
Ecco, questa scenetta, mi Ha intristito e rinfrancato allo stesso tempo. Rinfrancato perché, come recita il proverbio: mal comune, mezzo gaudio, intristito perché vista da fuori la scena ha la drammaticità di comportamenti che, pur se con forme differenti, si ripetono costantemente creando dissapori, conflitti e purtroppo soprattutto disagio ai ragazzi
Genitori che si dicono sportivi magari perché seguono il calcio la domenica, completamente ignoranti della differenza fra teoria, pratica e youtube, vogliono dire la loro a dei tecnici formati spesso in lunghi anni sul tatami e con corsi di formazione e di costante aggiornamento.
Vediamo allora di mettere dei punti fermi:
Tralascio tutto quanto concerne l’ovvio, ovvero il fair play nel tifo. Scopo del genitore nel Judo è sostenere il proprio ragazzo, i suoi compagni e, se possibile (e richiesto), i tecnici.
Poi i bimbi vincono o perdono, se vincono è tutto facile, se perdono sta al tecnico ragionare sul gesto, sul lavoro…il genitore deve sempre e solo, ripeto, sempre e solo, consolare, incoraggiare, sostenere il piccolo atleta.
In questo modo i ragazzi faranno comunque una bella esperienza, impareranno a relazionarsi con compagni, insegnanti e ad essere autonomi, sapranno riflettere sulla sconfitta, trovare la maniera per migliorarsi.
Altri comportamenti sono -onde evitare fraintendimenti- completamente sbagliati!
Causano solo frustrazione e in molti casi l’abbandono dello sport.
Chi vince è bravo…ma anche fortunato…ma soprattutto, chi vince non vince sempre, questo bisognerebbe dirlo ai ragazzi, per non farli vivere con quell’allure di imbattibilità che inevitabilmente prima o poi si infrange.
Nella quasi totalità dei casi i tecnici di Judo in competizione non guadagnano niente, spesso ci rimettono soldini, sempre un po’ di salute, il loro tempo, il tempo con le famiglie e altro.
Vero che alcuni lo fanno per far crescere la loro scuola, ma è certo che chi lo fa con regolarità si impegna molto più del necessario. Nell’ignoranza generale sui tempi dello sport infatti, vendersi come campioni del mondo di qualcosa è relativamente facile…esserlo no.
Veramente ‘sta vita la si fa solo per passione!
Sarebbe quindi opportuno evitare di tediare chi mette la propria passione al servizio con richieste assurde, con ipotesi tecniche fantasiose -ricordo ancora il tizio che esigeva io facessi tirare Uchi-mata al figliolo che proprio non aveva il fisico adatto- bisognerebbe rendersi conto che, come ho detto altre volte, la quantità di allenamento non è un fattore secondario, anzi.
Ma soprattutto bisognerebbe guardare!
Ma non guardare quanto accade solo al nostro pargolo e basta, che poi è quello che è normale accada, e allora bisognerebbe solo rendersene conto e magari contenersi.
Guardare l’amore, la pazienza e la dedizione che i tecnici sportivi in genere e quelli di Judo in particolare hanno: l’accortezza di inventarsi sempre soluzioni per rendere fruibile la gara alle famiglie, il Judo non ha momenti intuibili come il gol, non ha una metà campo in cui tutto si sviluppa; le carezze…ogni tecnico soprattutto quando ha a che fare coi bimbi si relaziona con un turbinio di emozioni, anche fragilità, normalmente gira sempre fra i ragazzi per una parola, scambiare uno sguardo, una carezza appunto, un abbraccio, per rincuorare chi ha perso, complimentarsi con chi ha vinto, dare indicazioni, seguire le piccole necessità. Chilometri di amore e attenzione, davvero.
Che poi, a volte non ci si pensa, ma ‘sti maestri soffrono e gioiscono in un modo molto vicino a quello dei genitori, ma diverso.
Bisognerebbe lasciarli lavorare ‘sti insegnanti, fare un severo esame sulle loro capacità certo, sulla loro preparazione e sensibilità, ancor di più sulla loro moralità questo è un diritto dei genitori, dirò di più, un dovere.
Ma non serve fare capricci, nostro figlio, nostra figlia, non sono gli unici bimbi al mondo, non sono gli unici bimbi che fanno Judo, che saranno felici di vincere e tristi quando perderanno. Smettete di pensare di avere “figli diversi”, non è così, i ragazzi hanno le loro unicità, ma normalmente sentimenti e dinamiche sociali ed emotive affini a quelle di tanti altri…e le differenze, quelle da tutelare, sono ben altre.
Sostenere i propri ragazzi non lo si fa cercando in altri le colpe dei loro insuccessi, soggiacendo ai loro capricci, sentendosi frustrati se non ottengono la medaglia sperata, lo si fa partecipando con fiducia al percorso formativa che con cura si sarà scelto per loro.

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