Oggi, parlando con un vecchio amico, anche lui insegnante di Jūdō, mi si è ripresentato il consueto quadro del nomadismo sportivo.
Non parlo di quello degli atleti, argomento che prima o poi vorrò affrontare, anche se fa venire il mal di pancia solo a pensarci.
Parliamoci chiaro, aprire un corso di Judo ex novo è una operazione abbastanza difficile, che richiede passione ma soprattutto costanza e lungimiranza.
Una strategia costante per trovare l’equilibrio fra esigenze di carattere commerciale (le proprie e/o quelle di chi ospita il corso) e una attività sportiva in crescita costante.
All’inizio è complicato, passati i primi entusiasmi, vedere che dopo mesi l’afflusso di iscritti supera a malapena le cinque unità (quando le supera) è frustrante. Proprio lì non bisogna mollare, è necessario continuare con costanza e pensare che anche per un solo allievo, se sinceramente interessato, vale la pena di non demordere.
Quanti ne ho visti di entusiasti e di meteore (parlo del territorio in cui opero io), un turbinio di nomadi entusiasti che sono saltati da un dōjō all’altro trascinandosi dietro ignari allievi ma perdendone molti che spesso poi erano persi anche per il Jūdō.
Ho sempre paura quando vengono attivati piccoli corsi, perché calamitano l’attenzione di taluni e nella maggior parte dei casi conducono al drop out sportivo per diverse ragioni. Fanno spesso solo danni per le transitorie ambizioni di pochi.
Ci vuole pazienza per trovare la via mediana fra le esigenze degli allenatori e dei gestori, per costruire in uno specifico territorio, senza andarsene troppo in giro per quartieri limitrofi; bisogna avere la lungimiranza di vedere negli occhi di un bimbo o di una bimba un futuro campione o un appassionato praticante adulto di Judo. Bisogna provare, e riprovare senza mai arrendersi, rinnovando quell’entusiasmo che ha spinto ad iniziare.
Le famiglie poi…si informino che diamine!
Non si facciano ammaliare dai dan, dalle prestazioni atletiche dei maestri, ma indaghino, si documentino, guardino nel territorio quali sono le realtà solide, stabili, pluriennali e radicate…e ne traggano le debite conclusioni.
Si assicurino che esiste un progetto concreto per il futuro, che non si mira solo a terminare la stagione “e poi si vedrà”.
Se una cosa dura…vorrà pur dire qualcosa!