Ieri (13 febbraio 2016, N.d.R.) assistendo a una bella competizione, L’European Judo Open Women di Ostia, ho osservato una cosa su cui voglio riflettere con chi mi legge, segnatamente se proviene dal mondo del Judo.
A parte un unico caso, quando combattevano atlete italiane il tifo “caldo”, se c’era, arrivava solo da una parte degli spalti, probabilmente quella che conteneva i “compagni di squadra” della combattente, e questo va certo bene…ma secondo me non basta! Sporadicamente qualche applauso, ma niente di che ripeto, tranne in un unico meritatissimo caso.
In particolare poi, alcuni miei giovani amici, mi guardavano con commiserazione, mentre urlavo “forza Italia” o tifavo e incoraggiavo atlete italiane che magari non ho avuto la fortuna di conoscere.
Perché ieri a gareggiare non erano le società, le individualità, ma le atlete convocate con la Maglia Azzurra. Atlete che erano certo lì per se stesse ma che rappresentavano un po’ tutti noi.
Bene ha fatto, l’organizzazione a distribuire la bandierine ai bimbi della sfilata, ma questo probabilmente non basta. Perché il concetto di Patria non divenga del tutto un tabù, una cosa da vecchi, e gridare “viva l’Italia” non sembri una vergogna per i nostri figli.
Ora, io depreco i nazionalismi e le loro aberrazioni, li odio quando diventano grotteschi, forieri di odio e di separazione. Ma il Judo ha i suoi anticorpi contro questo, essendo disciplina di Rispetto, Apertura e Collaborazione.
Personalmente poi, alleno ragazzi che provengono da diverse parti del mondo e quando mi è possibile li esorto a connettersi idealmente con la propria terra di origine.
Avverso però altrettanto la miseria che proviene dal voler relativizzare l’ identità e l’appartenenza, non serve essere nazionalisti, per amare la propria terra, gli uomini e le donne che in millenni l’hanno abitata e hanno creato tanta bellezza e tanta cultura. Inutile citare i tanti illustri uomini italiani, della politica, dell’arte o della cultura, che al di là di appartenenza o opinioni politiche la pensavano come me.
Vorrei non mi si fraintendesse, il punto è che se alla propria identità collettiva si sostituisce l’amico o la squadra c’è qualcosa che non va nel percorso didattico proposto ai giovani.
Educhiamo i nostri giovani alla convivenza pacifica, al rispetto dell’altro, alla solidarietà, ma non dimentichiamo di dirgli da dove viene la nostra possibilità di scegliere, non permettiamo di dimenticare il buono prodotto dalla nostra gente, e neanche i nostri martiri e eroi che sono la base su cui costruire un futuro migliore.
Complimenti infine alle atlete che ieri e oggi hanno rappresentato i nostri colori in questa prestigiosa competizione!
Ah…viva l’Italia!
I.t. Alfredo Malagodi