L’impegno sportivo dei giovani

Questa nota non è per insegnare niente a nessuno, solo per far capire come la penso sullo sport, come insegnante di Judo e come genitore.

Insegno Judo per diversi motivi, il principale, quello che mi ha mosso verso questa scelta, è che amo trasmettere valori positivi ai giovani. Come insegnante spero di riuscirci abbastanza bene, come genitore ho il vanto di aver fatto quasi sempre scelte giuste.
Ritengo che lo sport in genere debba essere vissuto come parte integrante del percorso formativo di un individuo, non come una attività post-scuola finalizzata a tenere impegnati i pargoli. Da insegnante e da genitore ho potuto sperimentare che si può essere buoni studenti e buoni atleti fin da piccolissimi, avendo una soddisfacente vita accademica e sportiva. Certo, ci vuole un po’ di impegno, l’attenzione dei genitori e la collaborazione degli insegnanti sportivi e dei docenti scolastici.
A chi pensa che lo sport sia una cosa che “non deve sottrarre tempo allo studio”, argomento dicendo che sono ben altre le attività che sarebbe meglio evitare, in particolare il bighellonare tutti i pomeriggi con amichetti e amichette, i quattro calci al pallone, lo “struscio” etc. etc.. Ecco, queste sono secondo me “attività dannose” se divengono abitudinarie, occasionalmente invece sono anche necessarie.
Le difficoltà scolastiche influenzano troppo le scelte sportive di ragazzi e genitori. Ho visto raramente atleti avere difficoltà insormontabili a scuola. I ragazzi abituati a “soffrire” per una seria attività sportiva, segnatamente sul tatami, sanno generalmente reagire a queste problematiche. Gli altri no.
Ma lo sport non deve diventare un ossessione, ne per i genitori ne per i ragazzi. Inevitabilmente il ragazzo motivato in maniera sana dai propri insegnanti intensificherà il proprio impegno sportivo, fino ad ottenere risultati gratificanti e comunque, salvo eccezionalità, commisurate all’impegno somministrato.
Per capirci, non si diventa campioni allenandosi un paio di volte a settimana, arrivando tardi, saltando gli allenamenti per i “troppi compiti” o per “spezzare un po’”, iniziando gli allenamenti “strategicamente” dopo l’inizio delle scuole, non impegnandosi anche nei periodi di ferie.
Altrimenti, si può comunque fare sport ad un livello dignitoso e gratificante, è però inutile che il genitore, che conosce l’indolenza dei propri ragazzi ed è incline a giustificarla, si aspetti risultati eccezionali.
D’altro canto, il buon insegnante saprà interpretare i segnali di difficoltà scolastiche o d’altro genere provenienti dalle famiglie o dagli atleti e si sforzerà di porvi rimedio.
Una attività ideale, sempre secondo me, prevede un impegno costante (per i più grandicelli) di almeno tre allenamenti settimanali di circa un ora e mezza.
Le assenze devono essere ridotte al minimo, per motivi di salute ad esempio, ma non per un banale raffreddore o per un dito dolente; la gamma di esercizi da fare anche in caso di malessere o infortuni è infinità e può adattarsi a molte situazioni. La cosa importante è non spezzare l’abitudine all’attività fisica dei giovani. Un allenamento in condizioni non ottimali poi, pur se non efficacissimo dal punto di vista fisico sportivo, lo sarà sotto il profilo morale e motivazionale.
Infine è necessario un dialogo costante fra insegnanti e allievi per capire le motivazioni e personalizzare l’impegno; fondamentale la fiducia dei genitori -altrimenti meglio rivolgersi altrove- accompagnata da un fecondo e leale dialogo con gli insegnanti, creando quel ponte ideale con la scuola che anche i docenti più preparati riterranno proficuo.
Quindi, impegno, rispetto per i ruoli, serietà e costanza contribuiranno a rendere i nostri ragazzi delle persone migliori e conseguenzialmente a migliorare la società.
Ribadisco comunque che questa è la mia personalissima opinione, sostenuta da obiettivi e premesse implicitamente “alte” sia praticamente che moralmente, frutto di esperienza e osservazione.
Torna al sommario 👈